Una recente sentenza del Tribunale di Vicenza (n. 180/2025), resa al Ns. studio, ha stabilito che il datore di lavoro non può intervenire nel giudizio promosso dal lavoratore contro l’INAIL per il riconoscimento di una malattia professionale. Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’intervento adesivo dipendente del datore di lavoro, ritenendo che quest’ultimo non sia titolare di un interesse giuridicamente rilevante nel procedimento.
Il caso
Una lavoratrice aveva avviato un procedimento contro l’INAIL per ottenere il riconoscimento delle della malattia professionale e delle conseguenti prestazioni assicurative. Nel giudizio, il datore di lavoro era intervenuto spontaneamente a sostegno delle ragioni dell’Istituto. La lavoratrice aveva immediatamente contestato l’ammissibilità di tale intervento.
L’inammissibilità dell’intervento
Il Tribunale ha evidenziato che l’intervento adesivo dipendente è ammesso solo quando l’interveniente possiede un interesse giuridico, non meramente di fatto, legato al risultato del giudizio. A tal proposito, la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che, per l’ammissibilità dell’intervento, il terzo deve dimostrare di avere una posizione giuridica collegata al rapporto litigioso, in grado di subire un pregiudizio dal risultato del processo.
Il Tribunale ha respinto le argomentazioni del datore di lavoro, ritenendo che:
- L’eventuale aggravamento del premio assicurativo non costituisce un interesse giuridico concreto e attuale. Il sistema di calcolo del premio INAIL (basato sull’indice ISAR – indice di sinistrosità aziendale riproporzionato) è organizzato in scaglioni e dipende da molteplici fattori. Non è quindi possibile affermare con certezza che un singolo sinistro possa determinare un significativo aumento del premio.
- Le diverse azioni legate alla malattia professionale (causa previdenziale, azione di regresso, risarcimento del danno differenziale) sono completamente autonome tra loro, distinguendosi sia nel petitum che nella causa petendi. Pertanto, non esiste una relazione di pregiudizialità-dipendenza tra esse.
- Gli esiti del procedimento tra lavoratore e INAIL non possono pregiudicare la posizione del datore di lavoro in un eventuale futuro giudizio, né sotto il profilo decisorio (non applicandosi l’art. 2909 c.c. sul giudicato), né sotto il profilo istruttorio.
- L’esclusione del datore di lavoro dalla causa previdenziale non impedisce all’INAIL di utilizzare materiale probatorio di provenienza datoriale.
Conclusioni
Il Tribunale ha quindi dichiarato inammissibile l’intervento del datore di lavoro, rilevando che l’interesse da lui invocato fosse di mero fatto e non sufficiente a giustificare la sua partecipazione al processo. Di conseguenza, è stata disposta la sua estromissione dal giudizio.
La sentenza del Tribunale di Vicenza rappresenta un importante precedente nell’ambito del contenzioso previdenziale per malattie professionali, definendo con chiarezza i limiti dell’intervento del datore di lavoro nei giudizi tra lavoratore e INAIL:
- Conferma la separazione tra il rapporto previdenziale (lavoratore-INAIL) e il rapporto di responsabilità civile (lavoratore-datore di lavoro);
- Chiarisce che il datore di lavoro non può partecipare al giudizio previdenziale solo per timore di ripercussioni economiche indirette;
- Ribadisce che l’eventuale aumento del premio assicurativo non costituisce un interesse concreto e attuale.
Tali principi rafforzano l’autonomia del rapporto previdenziale e impedisce interferenze motivate da interessi meramente economici.
Ciò rappresenta un grande risultato per i lavoratori atteso: il giudizio sul riconoscimento delle malattia professionali deve svolgersi esclusivamente tra loro e l’ente previdenziale, senza l’ingerenza del datore di lavoro.
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Avv. Fabio Caretta – Avvocato del Lavoro